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Costume e SocietàLetteratura

Leggi sull’adulterio: un confronto tra antichità e modernità

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri

Edil Merici

Di Giuseppe Pellegrino

“Non commettere adulterio” (Esodo 20, 14). La norma è breve e secca quasi come quella locrese. Non vi è di seguito la pena, ma nel Levitico 20, 10 viene comminata sia all’adultero sia all’adultera la pena di morte. La ragione, come per i greci, stava nell’importanza fondamentale del matrimonio nel pensiero di Dio, o meglio nel pensiero della Comunità ebraica.
Si dice dagli storici, anche di vaglio, che era una norma arcaica e violenta come tutta la legislazione zaleuchiana. È bene approfondire la questione fino ai giorni nostri. Anzi, partendo dai giorni nostri, per capire che in fondo nel tempo la situazione è degradata, seppure meno crudele la pena. Ma non sempre se l’Islam lapida ancora oggi le donne adultere.
In ogni caso, l’affermazione si capirà dalle argomentazioni di cui appresso. Che partono da norme quasi attuali fino alle norme greche in genere di punizione del reato di adulterio.
Se si pensa che il nostro codice penale, fino a quando non è intervenuta sentenza della Corte Costituzionale in merito, puniva sempre l’aduleterio della donna; mentre quello dell’uomo, solo se costituiva grave ingiuria per la donna.
Così recitava, il Codice Penale italiano, articolo 561:

La moglie adultera è punita con la reclusione fino a un anno.
Con la stessa pena è punito il correo dell’adultera.

Per quanto riguarda il marito era punito solo il concubinato se la concubina fosse tenuta nella casa coniugale, o se il fatto fosse notorio, seppure altrove la concubina.
La Corte costituzionale dichiarava la incostituzionalità dell’art. 561 delle norme solo nel 1968.
La privazione degli occhi era conseguenza della convinzione presso i greci che negli occhi che guardavano, che vedevano, che inducevano al rapporto carnale, era nascosto l’innamoramento. Gli occhi, come traduce in una delle tante liriche erotiche dal greco Adorno Di Rami, sono la fontana dell’amore. L’occhio che vede, che ammira e che fa innamorare.
Per il principio del Brokos, del Contrappasso, occorreva eliminare la causa che determinava un comporamento illecito. Perciò si procedeva all’accecamento della donna e dell’uomo. Anche per la spiegazione di questa norma ci aiuta ricordare l’origine della gente locrese.
Se la fuga da Locri Opuntia fu determinata da una sorta di commistione donne libere con schiavi, è chiaro che il matrimonio era contro la legislazione del tempo, per due ordini di motivi: era stato violato il gènos, ossia l’obbligo di rispettare la propria origine e razza per cui non era ammissibile un matrimonio tra una donna libera dorica e uno schiavo di incerte origini; l’accoglienza nella propria oikòs da parte della donna dell’uomo compagno di desco, era per le leggi micenee applicate lecita; di sicuro sul piano della pubblica riprovazione non erano accettate dalla comunità. Dunque, nozze, per così dire, spurie. Da qui la necessità di dare una nuova onorabilità all’istituzione del matrimonio.
La donna trasmetteva all’uomo il suo patronimico, che doveva essere onorabile. Questo non vale per tutte le norme antisuntuarie della legislazione zaleuchiana.
La conclusione è che, per come già accennato e per come vedremo, a Locri la condizione della donna non era simile come il resto dei Greci. Se la normativa è Micenea (e lo è) e la norma che permetteva alle donne di dare il patronimico ai figli era di Gortina, ne consegue che la condizione della donna era di un certo prestigio. Il mito delle Donne delle Cento Case è certamente una invenzione, ma il Matriarcato,a Locri, è esistito, seppure vanno precisate le condizioni. Aiuta a comprendere la peculiarità della norma e, nonostante la sua severità, la logica applicazione, ricordare cosa avveniva nel Mondo Greco. A partire da Gortina, certo, che cronologicamente viene per prima. E tuttavia siccome a Sparta vi era una legislazione particolare che non richiede grandi riflessione, si parte da questa pòlis.
La Legislazione di Licurgo (o di chi per lui), sulla questione dell’adulterio della donna era del tutto particolare. Essendo Sparta una città di guerrieri ed essendo gli opliti di importanza capitale, poiché la città, seppur militarmente forte per la ragione della continua e inflessibile esercitazione alla guerra, non aveva un grande capitale umano, la donna, pur in costanza di matrimonio, poteva avere relazione e anche (soprattutto) figli con un altro uomo. Le regole erano tre: che il compagno di letto ne fosse a conoscenza, che l’uomo fosse uno spartano, che fisicamente non fosse menomato (rectius, chefosse prestante). Molti al riguardo fanno riferimento alla poliandria. Ma questo istituto a Sparta ebbe inizio con la decadenza economica della polis che non raggiungeva neppure gli 800 klèroi ed era lontana dai 1.000 che erano il distinguo tra una piccola e una polis ideale. Nel tempo, il Klèros,che era indivisibile finì per non essere sufficiente a garantire la vita sul piano economico di uno spartano vuoi per i sissizi, vuoi anche per la liturgia della pannoplia (l’obbligo di armarsi a spese proprie).

Foto: predicatelosuitetti.files.wordpress.com

Redazione

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