Di Luisa Totino
«Non potei fare nulla. In men che non si dica mi ritrovai rinchiusa, destinata all’oblio del Tartaro profondo. Gridai, chiamando Proteo, per sapere perché mi aveva fatto questo. Ma nessuno mi rispose mai. Rannicchiata nella mia prigione, mi rassegnavo alla buia eternità. Piansi e piansi, non so neanche per quanto tempo, fino a quando le lacrime smisero di scendere.»
Il viso di Afrodite divenne cupo e triste, segnato dalla delusione e dall’inganno.
Isabella, vedendola così affranta, le disse: «Anche io, tante volte, sono stata tradita e delusa, ma ho delle amiche straordinarie che mi sopportano e mi sostengono. Se ti può aiutare, potremmo essere tue amiche.»
E la dea, stupita dalla sincerità di quelle parole disse: «Vorreste essere mie amiche? Senza avere niente in cambio?»
E Isabella: «Certo! L’amicizia, quella vera, non ha prezzo!»
Afrodite, sorridendo, rispose: «Cara ragazza, è stata proprio la tua anima pura a liberarmi. Sei tu la fanciulla che doveva spezzare il sortilegio!»
Poi, incupì lo sguardo e proseguì: «Ma questo non significa che sono fuori pericolo. E da quando mi avete liberata, anche voi rischiate!»
Betty, allora, disse: «Che vuol dire esattamente? Oramai sei libera, è tutto finito!»
E Afrodite: «Può sembrare così, ma il problema è che sono stata liberata in un tempo che non è il mio, dove le divinità come me, non esistono più.»
Appena disse quelle parole le ragazze la videro diventare trasparente, per alcuni secondi.
«Vedete, se resto qui, scomparirò molto presto e il vostro presente sarà irrimediabilmente cambiato»
Anna, preoccupata, disse: «E noi cosa possiamo fare?»
«C’è solo una cosa da fare – disse prontamente Afrodite. – Ma è molto rischioso. Siete disposte ad aiutarmi?»
E Isabella: «Sì, ti aiuteremo!»
Le sue amiche la guardarono sorprese, mai si sarebbero aspettate un tale coraggio.
Afrodite fece cenno alle ragazze di avvicinarsi: «In questi luoghi sorgeva il mio Tempio. Era così maestoso che i navigatori lo avvistavano dal mare.»
Isabella, subito, disse: «Sì, c’è ancora! O, per lo meno, quello che ne resta. È meta di tantissimi visitatori. Le persone non hanno mai dimenticato i tuoi tempi, credimi!»
E la dea: «Bene! Mi dovrete accompagnare lì, prima che il sole sorga, poi seguirete ciò che vi dirò. Non prendete iniziative, qualsiasi cosa possiate vedere o sentire. E portate lo scrigno, ci servirà, alla fine».
Le ragazze si guardarono e poi annuirono ad Afrodite. Era notte fonda, si diressero all’auto di Betty e invitarono la dea a salire e sistemarsi dietro, per nasconderla meglio.
Afrodite non poté fare a meno di esclamare: «Cosa è mai questo marchingegno?»
E Betty: «È un marchingegno che ci farà arrivare più velocemente al luogo del Tempio.»
Isabella disse preoccupata: «Solo una cosa: come entreremo? A quest’ora il parco è chiuso!»
Betty, sospirando, disse: «Ragazza di poca fede, non esistono solo le vie maestre per raggiungere qualcosa. Lo sai che sono esperta in scorciatoie ed entrate segrete!»
Anna si mise a ridere, conoscendo bene gli stratagemmi di Betty. Giunte nei pressi del Parco Archeologico, Betty girò in una stradina che costeggiava il sito, poco frequentata e con qualche casa, sparsa qua e là. A un tratto arrestò l’auto e invitò le altre a scendere: «Prenderemo un piccolo sentiero, che ci porterà al Tempio, ma è stretto e buio, quindi tenete accesa la luce del cellulare.»
Fecero come disse, Isabella disse ad Afrodite di tenersi dal suo braccio, per non perdersi. Camminarono vicine, per tutto il tragitto, tra sterpaglie e sassi ma, alla fine, davanti a loro, la maestosità dei resti del Tempio di Afrodite. I fari a terra, messi dai responsabili del Museo, davano un aspetto ancora più affascinante al luogo.
«Signore, siamo arrivate!» disse Betty.