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CronacaReggio Calabria

Locri: dopo 18 mesi 22enne assolto dall’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

Il Tribunale penale di Locri in composizione collegiale, (Presidente Mariano Sobbrio, Giudici a latere Mario Boccuto e Raffaele Lico, ha prosciolto dall’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravato dall’aver favorito l’ingresso di più di 5 persone, dall’esposizione a pericolo di vita dei migranti, dalla sottoposizione a trattamento disumano o degradante e dall’aver agito per fini di lucro il giovane Sina Ato di 22 anni, di nazionalità turca, a conclusione dell’udienza di discussione della causa avvenuta lo scorso 22 aprile, in esito alla quale i Giudici di Piazza Fortugno hanno accolto le conclusioni di entrambe le parti processuali, difesa e pubblica accusa, che hanno concordemente richiesto l’assoluzione dell’imputato, sebbene per motivi differenti; in particolare, il Pubblico Ministero ha ritenuto che l’istruttoria dibattimentale non ha restituito sufficienti riscontri all’editto accusatorio; diversamente la difesa rappresentata dall’Avvocato Carlo Bolognino del Foro di Locri, ha chiesto un’assoluzione piena ai sensi dell’articolo 530 del Codice di Procedura Penale
All’esito della camera di consiglio il collegio giudicante, con l’assoluzione, ha disposto l’immediata cessazione degli effetti della misura custodiale in atto, ordinando l’immediata scarcerazione dello stesso, dopo ben 18 mesi di reclusione presso la Casa Circondariale di Locri.
Le accuse a carico del giovane turco muovevano dalle dichiarazioni di tre migranti che dopo lo sbarco clandestino avvenuto il 15/11/2022 hanno fornito informazioni alle forze di polizia per ricostruire le dinamiche che hanno portato all’ingresso clandestino, nel territorio dello Stato, di 82 migranti, di nazionalità irachena, afgana e siriana, sulle coste di Roccella Jonica al fine di individuare gli eventuali scafisti che fossero al comando della stessa. I tre collaboratori, nell’illustrare i passaggi cruciali della fase preparatoria dalla partenza dalle coste turche, hanno dichiarato di essere salpati cinque giorni prima rispetto allo sbarco, indicando in Ato e altri due soggetti i conducenti dell’imbarcazione, di cui uno avrebbe fatto perdere le proprie tracce subito dopo l’ingresso in Italia.
Ato, dichiaratosi sin da subito estraneo ai fatti, poiché migrante in cerca di fortuna, è stato giudicato con le forme ordinarie del giudizio dibattimentale e il suo difensore di fiducia ha dapprima eccepito l’inutilizzabilità degli atti di indagine, poiché le dichiarazioni rilasciate subito dopo lo sbarco sono state raccolte in difetto degli avvisi di legge e dunque all’evidenza inutilizzabili; successivamente, ha insistito per una pronuncia, comunque ampiamente liberatoria nel merito, anche in ragione delle produzioni difensive atte a rappresentare che il soggetto in questione era un semplice migrante la cui aspirazione era migliorare le proprie condizioni di vita in Italia, oltre che sfuggire dalla persecuzione che viveva in Turchia per effetto della sua appartenenza all’etnia curda, storicamente perseguitata nel suo paese di origine. Nel merito il difensore contestava sia le modalità con cui è stato espletato il riconoscimento fotografico sia la inattendibilità del contenuto delle dichiarazione medesime, soprattutto in ragione di produzioni documentali difensive, (nello specifico documentazione comprovante il lavoro di cameriere svolto dall’imputato sino a qualche tempo prima della traversata), che dimostravano la sua estraneità rispetto a contesti criminali o comunque riconducibili ad ambienti equivoci mossi da lauti guadagni inerenti il traffico di esseri umani, a parte rimarcare che all’epoca dei fatti il prevenuto in questione risultava incensurato e aveva solo 20 anni.
Nella tarda serata del 22 aprile per Ato si sono aperte le porte del carcere con l’aspettativa di riconquistare presto la normalità nella consapevolezza che non sarà facile dopo 18 mesi di carcerazione in attesa di giudizio.
L’Avvocato Bolognino critica la recente modifica della normativa sull’immigrazione clandestina, sostenendo che la riforma Cutro si concentra troppo sull’aspetto repressivo anziché affrontare adeguatamente la regolazione dei flussi migratori irregolari. Ritiene che l’accento sulle pene più severe e la semplificazione delle richieste di protezione non sia in linea con i principi di giustizia processuale e amministrativa in tema di accoglienza e flussi migratori.
Il contrasto al traffico di esseri umani è un tema centrale su cui necessariamente ci si deve rapportare tramite una riflessione seria, anche in relazione alla prassi e alle consuetudini che afferiscono alla fase repressiva che, comunque, non può porsi su un piano di incompatibilità con le regole del codice di rito e che spesso vengono connotate da accertamenti sommari e verifiche prive del giusto approfondimento.

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