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Costume e SocietàLetteratura

Giustizia Riparativa: un approccio umanista alla soluzione dei conflitti

Le riflessioni del Centro Studi

Edil Merici

Di Alfredo Arcorace – Avvocato del Foro di Locri

I teologi si domandano spesso quale sia la finalità compito dell’uomo sulla terra. È una domanda stringente e drammatica perché oggi è sempre più in discussione l’uomo stesso e la coscienza che egli ha di sé. Per risolvere il mistero dell’uomo bisogna comprendere la sua parte più essenziale, bisogna guardare oltre ciò che appare immediatamente, oltre e al di là di ciò che si sperimenta.
Quindi, il mistero dell’uomo non potrà mai essere risolto guardando solo alle sue azioni sconvenienti o antisociali. Spesso tali azioni sono il riflesso di una interiorità repressa e allora occorre guardare oltre l’apparenza e ricercare la dimensione morale dell’uomo; aspetto questo che sembra rimasto in ombra nel diritto penale moderno ancora fortemente incentrato sulla funzione retributiva della sanzione che, anche se proporzionata alla gravità del reato, non svolge alcun effettivo ruolo nella riabilitazione del colpevole e così nella riduzione della generale criminalità. Ecco perché in maniera sempre più insistente si sta rivolgendo l’attenzione non più (solo) al reato ma al suo autore, per comprendere le ragioni per cui questi è stato spinto a compiere azioni antisociali, e alla vittima del reato.
La concezione della pena come punizione rigorosa per scoraggiare ulteriori illeciti e la connessa concezione carcerocentrica, stanno lasciando spazio (peraltro, coerentemente con i principi costituzionali) alla concomitante funzione rieducativa e riabilitativa della sanzione e in questo contesto trova fertile terreno l’introduzione nel nostro ordinamento della mediazione penale, al dichiarato scopo di far rendere il colpevole consapevole del disvalore di quanto commesso e della sofferenza inferta alla vittima, superare la conflittualità tra le parti ponendo rimedio al danno subito e favorire la riabilitazione e la risocializzazione dell’autore del misfatto. In quest’ottica si contrappongono due diversi modelli di mediazione penale: quello francese e quello anglosassone. Nel modello francese, per risolvere in modo pacifico i conflitti, è necessario individuarne l’origine, perché solo in questo modo si potrà impedire all’autore del reato e alla vittima una sofferenza cronica. Nel modello anglosassone, invece, il conflitto può essere superato solo con un accordo di riparazione al quale si può arrivare solo con il confronto tra l’autore del reato e la vittima. In entrambi i casi, nella mediazione è necessario ascoltare le ragioni dell’uno e dell’altro e agire sulla concreta possibilità di sanare le ferite provocate dal reato per restaurare le relazioni di armonica convivenza spezzate dall’atto criminoso.
La mediazione, per essere efficace, tuttavia, non deve coinvolgere soltanto l’autore del reato e la vittima perché se il suo intento è quello di ricomporre la frattura sociale del reato, in questo percorso va coinvolta anche la comunità di cui il reo e la vittima fanno parte. Fare giustizia non vuol dire solo applicare una sanzione ma operare per orientare il comportamento dei consociati al rispetto del prossimo e delle regole su cui si basa la pacifica convivenza.
La finalità della giustizia riparativa è dunque quella di concorrere a realizzare quell’obiettivo, salvaguardando le relazioni sociali. Quindi, la giustizia riparativa non può prescindere dal coinvolgimento culturale, etico e morale di ciascuno di noi perché il diritto è prima di tutto una dimensione dell’uomo, un prodotto sociale formato dall’insieme di pensieri, sentimenti e impulsi con cui l’uomo orienta le proprie relazioni sociali. La giustizia riparativa è quindi un fatto sociale che nasce con l’uomo e che appartiene alla sua cultura, alla sua etica, al suo bisogno di pacificazione sociale. La pena non può essere solo retributiva ma deve promuovere comportamenti attivi, capaci di risanare la frattura prodotta dai comportamenti negativi e la riparazione, sebbene resti volontaria, dev’essere favorita, sostenuta e affiancata alla pena, in linea con il modello riabilitativo previsto dall’articolo 27 della Costituzione.
Quindi, riparazione, retribuzione e rieducazione devono saldarsi muovendo dal presupposto che l’incontro tra l’autore del reato e la vittima deve portare al riconoscimento e all’ascolto reciproco. In sostanza, la mediazione deve basarsi sulla responsabile capacità di intraprendere un dialogo con il quale tutte le parti coinvolte si responsabilizzano per un percorso comune di ricomposizione del conflitto. In definitiva, a giudizio di chi scrive, la giustizia riparativa può contribuire a trovare una soluzione valida all’alta conflittualità e al bisogno di pacificazione sociale al di fuori del binomio pena/castigo, senza tuttavia indulgere in atteggiamenti lassisti, proprio nell’ottica prevista dall’art. 27 c. 2 della Costituzione.

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 30/06/2023
Foto: leurispes.it

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