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Costume e SocietàLetteratura

Le finalità rieducative e la “Riforma Cartabia”

Le riflessioni del Centro Studi

Edil Merici

Di Francesco Commisso – Avvocato del Foro di Locri

In una simile ottica, il processo non sarà più un mezzo per applicare le pene, ma un’opportunità suscettibile di avere in sé stessa significato preventivo. È chiaro, infatti, che il favorire percorsi orientati al rientro nella legalità, senza oneri di collaborazione spesso insostenibili, risulti della massima importanza a fini di prevenzione. Da questo punto di vista, la mediazione penale potrà offrire molto alla strategia preventiva, poiché consentirà di recuperare al processo dimensioni assai importanti dal punto di vista politico-criminale, sebbene allo stato ancora incompatibili col suo strutturarsi ordinario. L’opportunità è evidentemente ghiotta e non dovrà essere lasciato nulla di intentato. Del resto, anche Napoleone Bonaparte sosteneva che nessuna strategia è così perfetta da reggere l’urto con il campo di battaglia. Con la mediazione si realizza uno spazio di confronto fra reo e vittima, al di fuori dell’aula giudiziaria. Il giudice riceverà dal mediatore qualificato che sovrintende alla procedura una relazione riguardante l’esito della stessa, di cui dovrà tenere conto in ambito processuale sia per quanto concerne gli impegni assunti dall’imputato ed attestante la disponibilità per il futuro a una condotta responsabile nei confronti dei beni giuridici offesi, sia per quanto concerne l’atteggiamento emendativo tenuto dall’imputato nei confronti della parte lesa. Può anche dirsi che la mediazione operi un ribaltamento della prospettiva tradizionale, che vuole l’imputato collocato in attesa del giudizio; essa invece potrà essere attivata da una iniziativa dello stesso imputato. Si vedrà quale rilevo in concreto sarà attribuito in punto di pena all’esito positivo del percorso di mediazione penale. Merita sottolineare che il possibile ricorso alla mediazione non è confinato ad ambiti di criminalità minore. Al contrario, il ricorso alla mediazione si manifesta quale strategia di portata generale, rispondente a una ben precisa scelta preventiva imperniata sulla promozione e sul recupero del consenso intorno alle esigenze di tutela dei beni fondamentali e per lo più descritta, internazionalmente, con l’espressione restorative justice. Oltre che alla giustizia riparativa, non si può non guardare con favore anche all’innovazione costituita della possibilità di accedere, con più larghezza e con provvedimento del giudice di merito, alle sanzioni sostitutive di pene detentive brevi. Si tratta di novità che in maniera molto esplicita rende evidente la volontà del legislatore di emanciparsi da una concezione rigorosamente carcerocentrica ampliando e rendendo più accessibili e accettabili trattamenti esterni al circuito carcerario, valorizzando così l’obiettivo di effettiva rieducazione e reinserimento sociale. La scelta è stata quella di incentivare il ricorso alla sostituzione delle pene detentive brevi come strumento speciale preventivo e di reinserimento sociale anche in casi prima sottratti a questa possibilità. Di grande rilievo il fatto che le pene sostitutive possono essere ora applicate direttamente dal giudice della cognizione in sede di pronuncia della sentenza di condanna – o di applicazione della pena su richiesta delle parti (nonché in fase di decreto penale di condanna). Le quattro pene sostitutive regolamentate dalla riforma Cartabia sono la semilibertà, la detenzione domiciliare, il lavoro di pubblica utilità e la pena pecuniaria. Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna o di applicazione della pena ex articolo 444 del Codice di Procedura Penale, quando riterrà di determinare la durata della pena detentiva entro il limite di quattro anni, potrà sostituire tale pena con quella della semilibertà o della detenzione domiciliare; quando riterrà di doverla determinare entro il limite di tre anni, potrà sostituirla anche con il lavoro di pubblica utilità; quando, infine, riterrà di doverla determinare entro il limite di un anno, potrà sostituirla altresì con la pena pecuniaria della specie corrispondente, determinata ai sensi dell’articolo 56-quater. È di tutta evidenza come i poteri discrezionali che il legislatore ha voluto attribuire al giudice in sede di scelta e applicazione delle pene sostitutive siano significativi e pienamente coerenti con la ratio generale di questa parte della riforma in vista di un effettivo senso rieducativo attribuito alle pene sostitutive; il giudice, infatti, previa richiesta ed adesione dell’imputato, potrà applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risulteranno più idonee alla sua rieducazione ed al recupero sociale.

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 30/06/2023

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