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Costume e SocietàLetteratura

I motivi per cui sarebbe conveniente uscire dalla moneta unica

Le riflessioni del centro studi


Edil Merici

Di Salvatore Gullì – Avvocato del Foro di Catanzaro

Eliminandosi superflue polemiche, è facile avvedersi che la procedura di integrazione europea, attuata, come accennato, mediante una liberalizzazione dei mercati interni, mediante una liberalizzazione dei movimenti internazionali di capitali e mediante la previsione di un tasso di cambio fisso, sia stata contaminata da una volontà (non dichiarata) di alcuni Paesi dell’Unione Europea di mantenere i livelli di inflazione diversificati, in violazione di un obbligo di coordinamento delle politiche economiche, obbligo previsto soltanto astrattamente nel Trattato dell’UE.
Resta l’interrogativo se sia stato sufficientemente ponderato, nelle sedi politiche, che la cooperazione fra le economie dei Paesi dell’UE, espressa solo formalmente, si stia in effetti rivelando un mero flatus vocis, considerato che l’adesione al patto di unione monetaria sostanzialmente ha avuto come esito la disattivazione di essenziali poteri della Repubblica e ha finito inoltre in concreto per provocare un indebitamento privato con l’estero dovuto a un incontrollato afflusso di capitali. Né, vigente l’attuale legislazione, è più possibile arrestare gli arbitrari e destabilizzanti deflussi di capitali. Oltretutto, come è noto, i vincoli internazionali, appositamente introdotti in ossequio a una visione liberista, mirando a circoscrivere, entro una determinata, irrazionale, soglia, il rapporto fra debito pubblico e prodotto interno lordo, hanno imposto ai governi della Repubblica severe politiche di austerità che hanno reso oltremodo inefficienti i servizi pubblici (la drammatica vicenda del Covid-19 ha rivelato le falle del sistema sanitario pubblico) e ciò, proprio quando sarebbe stato più saggio rilanciare la domanda interna. E quindi, a fronte di un’eccessiva accumulazione di debito privato, la Repubblica non possiede più gli strumenti utili a riequilibrare la condizione di sofferenza dell’economia reale, versando, come sottolineato, in una situazione in cui i tassi di interesse sono esclusivamente determinati dai mercati internazionali. Né purtroppo si è ancora potuta diffondere la chiara consapevolezza che la genesi della crisi non sia nel debito pubblico. Tutto ciò evidenziato, sorge l’ulteriore interrogativo se possa ritenersi costituzionalmente lecito che la Repubblica non sia più libera di favorire redditi e occupazione senza dover rendere conto all’UE, e sorge altresì la domanda se sia lecito che la medesima Repubblica in concreto sia impossibilitata a impedire la svendita delle più pregiate aziende italiane. Ravvisandosi dunque vistose crepe nei valori repubblicani, urgerebbe impegnarsi nell’elaborazione di politiche capaci di arrestare la lenta corrosione dei principi costituzionali e capaci di porre un freno al deficit democratico. È in definitiva innegabile che, a fronte di una costituzione repubblicana che, nei principi fondamentali citati all’inizio del saggio, esprime pieni poteri di autodeterminazione e incondizionate libertà politiche, si sia, di contro, verificata una immissione, nel concreto sistema normativo, di disposizioni sostanzialmente elusive della primazia decisionale della Repubblica.
Intendendosi, infine, suggerire, sia pur succintamente, proposte su cui alimentare, magari, rigorosi dibattiti nelle sedi politiche, sarebbe auspicabile che la politica si concentrasse su tre fondamentali obbiettivi, così sintetizzabili:

  1. concordare fra tutti i Paesi dell’UE un graduale percorso di uscita dalla moneta unica, tenendo, appunto, conto che l’annullamento della moneta unica sarebbe conveniente per gli stessi creditori, potendo l’economia reale di ogni singolo Paese Europeo crescere e svilupparsi più facilmente (così da potersi soddisfare le obbligazioni assunte);
  2. revisionare i Trattati dell’UE, individuando specifici mirati e concreti interessi comuni su cui effettivamente cooperare nel rispetto delle auto-nome politiche economiche di ogni singolo Paese Europeo;
  3. adoperarsi, a ogni livello istituzionale, affinché sia concretamente ripristinato il primato e l’autodeterminazione della democrazia repubblicana (per quanto concerne l’Italia), in modo, anche, da garantire lo sviluppo delle risorse umane di ogni singolo Paese Europeo, così che ciascun Paese dell’Unione possa liberamente perseguire, quale valore fondamentale, la piena occupazione di ogni cittadino.

Non manca invero consapevolezza che le rivoluzioni etiche implichino avanzamento culturale e illuminazioni politiche che, raramente, purtroppo, è dato veder realizzati in fasi temporali brevi.

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 30/06/2023


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