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Costume e SocietàLetteratura

L’elemento oggettivo del reato: la condotta materiale

Breve storia della Confisca


Edil Merici

Di Enzo Nobile e Francesco Donato Iacopino

La norma, così come esplicitata nella sua dizione letterale qualifica come reato quel comportamento umano che consiste nell’attribuzione fittizia ad altri della titolarità o disponibilità di danaro, beni o altre utilità”, effettuata per fini elusivi o agevolativi.
Da ciò è immediatamente riscontrabile che tale condotta, oltre a essere di tipo commissiva, è a forma libera, poiché il legislatore si limita a sanzionare penalmente chi, fittiziamente, trasferisce la titolarità o la disponibilità di valori, senza però elencare o specificare le modalità di realizzazione di tali operazioni fittizie.
La strutturazione della norma come a forma libera, alquanto biasimata in dottrina in quanto considerata in contrasto con il principio di determinatezza, però, non è stata il frutto di una libera scelta del legislatore, ma l’inevitabile conseguenza del fatto che, al momento della sua emanazione, si stava legiferando su di un fenomeno criminale caratterizzato dalla varietà e mutevolezza dei sotterfugi che venivano utilizzati per creare le finzioni di titolarità o di disponibilità.
Il continuo evolversi delle più svariate tipologie di condotte attributive ed elusive, poste di volta in volta in essere, sempre con modalità diverse, dai vari soggetti interessati ad aggirare questo fenomeno legislativo, non ha consentito al legislatore di determinare il fatto reato in termini concreti.
Ciò si è reso necessario per ovvie ragioni considerato che, in caso di specificazione o elencazione delle modalità dell’azione, il legislatore si sarebbe, necessariamente, trovato di fronte alla necessità di apportare continue modifiche alla norma, con la conseguenza ulteriore che le attività interpositorie aventi, comunque, natura fittizia e non ancora contemplate dalla norma, non sarebbero state penalmente perseguibili in relazione a condotte pregresse alla legge di modifica.
Inoltre, il legislatore, nel codificare la norma, da un lato, si è trovato a dover sanzionare penalmente tutte quelle forme di attribuzione di beni aventi finalità elusive, dall’altro ha, necessariamente, dovuto tener conto che determinati meccanismi interpositori possono anche essere utilizzati per dei fini assolutamente leciti come, ad esempio, in ambito famigliare per la preassagnazione dell’asse ereditario da parte del de cuius oppure la sua distribuzione, sempre in ambito famigliare, per abbassare le aliquote fiscali.
Ed è stato proprio per fronteggiare tali ulteriori problematiche, per come meglio vedremo trattando dell’elemento soggettivo che, legando indissolubilmente in un tutt’uno la condotta e le finalità attraverso la previsione del dolo specifico, il legislatore è riuscito a limitare la punibilità alle sole attribuzioni fittizie di titolarità e disponibilità aventi quali finalità quelle di “eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648 bis e 648 ter del Codice Penale”.
In sostanza, la condotta interpositoria può anche concretizzarsi in un unico atto traslativo o dispositivo (Intestazione, ad esempio, di tutti i propri beni a una società di comodo) nel qual caso saremo in presenza di un reato insussistente.
Altre volte, invece, il reato di trasferimento fraudolento di valori può presentarsi come un reato plurisussistente o a condotta plurima, per come ha avuto modo di precisare il giudice di legittimità che ha statuito che quando vi sono più operazioni fittizie, tendenti al conseguimento di uno scopo finale (nella fattispecie l’intestazione fittizia di una società a un dipendente attraverso il conferimento di una procura speciale) il reato si consuma nel momento del compimento dell’ultima di tali operazioni, ossia il conferimento della procura speciale.
L’evento o danno criminale, consistente nella lesione del bene giuridico protetto dalla norma, si lega alla condotta attraverso il nesso di causalità, costituendone la conseguenza.
Quindi, l’oggetto materiale del reato è, imprescindibilmente, individuabile nella condotta di attribuzione di beni da parte di un soggetto, denominato interponente, a favore di altro soggetto che ne acquisisce formalmente la titolarità, denominato interposto, mentre nella sostanza l’interponente mantiene la signoria sul bene gestendolo uti dominus.
Però è, altresì, necessario che i beni oggetto di attribuzione alla formale titolarità dell’interposto siano stati illecitamente acquisiti da parte dell’interponente o siano sproporzionati con il reddito prodotto.

Continua…

Foto: penaledp.it


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