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Costume e SocietàLetteratura

La trasmissione delle leggi a Locri

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri


Edil Merici

Di Giuseppe Pellegrino

La condizione di procedibilità si arguisce da un insieme di ragionamenti. Era sicuramente lontano dalla mentalità greca il principio di diritto odierno Curia novit jura. Non solo perché era impossibile imporre a un soggetto sorteggiato a fare il giudice per un anno un obbligo a conoscere tutte le leggi, seppure implicitamente questo poteva ricavarsi da fatto che alla violazione corrispondeva una pena; ma questo, nel diritto penale (rectius: azione di iniziativa pubblica). In una materia civilistica contrattuale (rectius: di iniziativa privata) era pressoché impossibile e conoscere tutte le disposizioni di legge e conoscere le clausole contrattuali. Si aggiunga che la divulgazione delle leggi non prevedeva l’esistenza di supporti scritti che potevano essere alla portata di tutti. Se a Gortina si era provveduto a stampare sui muri le leggi e a Locri le stesse erano cantate, i mezzi in questione non erano sufficienti a dare contezza a tutti i cittadini delle leggi scritte approvate e non vi era la presunzione della conoscenza della legge. Ma di più: la trasmissione in via orale delle leggi portava a ricordare, coscientemente o meno, un diversa formulazione delle leggi per come approvate. Il caso riportato da Polibio ne è una prova: uno dei due contendenti contesta la formulazione della legge. Ne derivava che era opportuno, ogni volta che si celebrava un giudizio, di qualsiasi natura, che l’interessato o gli interessati portassero una riproduzione scritta della norma, che era sicuramente riportata in una tavoletta di argilla. Detta poteva essere contestata e in questo caso fare riferimento all’ archivista nel resto della Grecia, al Kosmopòlis a Locri.
Perché a Locri questa funzione veniva ricoperta dal Kosmopolis(letteralmente: colui che dà o detiene l’ordinamento della città), che aveva in custodia l’originale delle leggi, scritte su pergamena (così Felice Costabile). Ma dal testo di Polibio non ricaviamo direttamente che sia stata depositata alcuna copia del testo, ma ciò si può ipotizzare interpretando la contestazione del giovane che ha avuto una decisione sfavorevole come sia stata applicata (e quindi depositata) un copia della legge (di fronte alla contestazione del giovane, che sosteneva non essere questa l’intenzione del legislatore, dicono che il cosmopolide lo invitò a discutere di tale parere secondo la legge di Zaleuco). Alla contestazione i Magistrati si sentono in obbligo di consultare il Kosmopolide per la dizione autentica. Dunque, la necessità della lettera della legge stava solo nella ipotesi della contestazione della stessa per come riportata.
È bene sottolineare che dall’insieme si ricava che non era possibile una sorta di interpretazione della legge, ma solo la sua applicazione letterale. Tanto che quando il giovane sostiene la non corrispondenza tra quanto legiferato da Zaleuco e la norma che il Kosmopolide sottopone alle parti, il Magistrato invita l’interessato a chiedere la riforma secondo la procedura prevista da Zaleuco; ossia, presentarsi con un laccio al collo e proporre la riforma della legge o una modulazione diversa. Da parte sua, il Kosmopolis è pronto ad asseverare quanto affermato. Il giovane non è convinto della sua posizione e se la cava con una battuta: il Kosmopolis ha novant’anni e lui è un giovane; il primo non ha niente da perdere perché i suoi giorni stanno per scadere, mentre egli ha una vita davanti e il rischio del laccio non era solo teorico a Locri, perciò rinuncia alla richiesta. La legge di cui si contesta la corretta applicazione del Magistrato è insita nel racconto: “Ciò che è in questione durante una lite resterà presso colui che ne era in possesso prima di cominciare [il processo].Quanto al supporto su cui erano riportate le leggi, i decreti, i contratti, e via discorrendo, occorre fare una disamina anche al fine di chiarire il mezzo di divulgazione del loro contenuto. Detti potevano essere tre: il papiro, la pergamena, la tavoletta di argilla.
Quanto al termine papiro il suo significato può derivare da una possibile etimologia del termine greco dal copto,che in concreto stava ad indicare il Faraone,con sottinteso il materiale. In modo completo il materiale del Faraone.Il Papiro era monopolio di stato e inaccessibile al di fuori dell’Egitto. Nel mondo greco è stato introdotto verso il VI secolo avanti Cristo, seppure in Egitto utilizzato fin dal 3º millennio a.C.
Si capisce così l’affermazione di Costabile che le leggi a Locri erano riportate su pergamena. Perché solo questo dava garanzia di durata nel tempo, posto la pergamena non accessibile, e il terzo dei supporti poteva essere l’argilla: materiale questo deteriorabile perché facilmente frangibile.
La pergamena era una pelle di vari animali (in genere pecora), trattata con un particolare procedimento che la rendeva sottile e resistente nel tempo. Questo gioca certamente in favore della tesi di Costabile che a Locri la conservazione delle leggi era, appunto, su pergamena. Sicuramente pure le singrafi erano su pergamena.
La tavoletta d’argilla era in uso presso tutte le civiltà: da quella minoica alle altre. Era un supporto provvisorio, ma economico e soprattutto di facile scrittura. Questa conclusione è possibile trarla sulla base degli studi sul Disco di Phaistos, del XVII secolo a.C., esposto al Museo di Herakleion (Creta), e a tutt’oggi non decifrato,la cui caratteristica principale era quella di essere una sorta di anticipo della stampa di Johannes Gutenberg, essendo i simboli della scrittura stati fatti con stampini in legno. Facile stampare, invece che simboli, delle lettere dell’alfabeto sempre uguali. Bastavano 24 stampini delle lettere dell’alfabeto per scrivere qualsiasi cosa. Tra una parola e l’altra un semplice stacco con una lineetta.

Foto: dynamic-media-cdn.tripadvisor.com


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