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Costume e SocietàLetteratura

L’operazione “Status Quo”

La tela del ragno

Di Francesco Cesare Strangio

Nell’idea di Nando la negoziazione avrebbe avuto lo scopo di raggiungere una sorta di patto internazionale in grado di garantire lo status quo, onde evitare ulteriore versamento di sangue. La spartizione del territorio avrebbe portato, come conseguenza, utili per gli slovacchi, per i russi e per gli italiani.
Una volta terminato di perfezionare gli accordi e cenato, prima di dare la risposta definitiva, il cavaliere doveva sentire gli amici della mafia russa per capire se ci fosse il loro coinvolgimento in tutta la vicenda. Compreso il messaggio, Aquilino e i due slovacchi presero la via del ritorno.
La sera successiva i due rientrarono in Slovacchia, il loro viaggio passò sotto l’assoluta segretezza; nessuno seppe nulla tranne i parenti più stretti e fidati.
Tre giorni dopo, Aquilino prese l’aereo e fece ritorno a Košice. L’azienda delle pizze surgelate, nonostante la sua assenza, aveva mantenuto il ritmo di produzione; a onor del vero, segnò un lieve aumento di produzione poiché la domanda tendeva a crescere.
La proposta di Ferdinando riguardo l’azienda andava sotto un preciso disegno politico della sua famiglia: era prassi consolidata affiancare agli affari sporchi delle attività pulite. Un altro punto cardine era quello: in concomitanza dell’allargamento dei loro confini affaristici, sarebbe stato utile suggellare tutta la combinazione con un matrimonio tra le famiglie coinvolte. Quell’antica filosofia, secondo lui, rimaneva sempre valida, poiché andava a creare un legame di sangue che, per vergogna o per rispetto, si evitava d’infrangere se non in caso di gravità che va oltre il pensabile. Lo stabilimento delle pizze surgelate gli dava la legittimità sociale di esistere sul territorio, occupando una posizione di riguardo controllando nel frattempo da vicino i vertiginosi guadagni prodotti dal mercato della droga.
Sul finire di novembre la segretaria informò Aquilino che il giorno dopo, alle undici, sarebbe arrivato all’aeroporto il dottor Fabrizio. Era il segnale concordato che dava il via all’operazione status quo. Si trattava dell’arrivo del soggetto incaricato alla pianificazione per l’eliminazione fisica delle persone che stavano al vertice dell’organizzazione che aveva eliminato Bobbo.
Puntualmente, Aquilino si fece trovare all’aeroporto per ricevere il dottor Fabrizio; saliti in macchina l’accompagnò in una villetta a poca distanza dalla zona industriale dov’era ubicato lo stabilimento delle pizze. Ufficialmente Fabrizio, naturalmente si trattava di uno pseudonimo, era interessato a rilevare lo stabilimento che produceva le pizze.
Fabrizio iniziò a fare tutte le dovute verifiche, analizzò attentamente i dati che gli furono forniti dal fratello di Bobbo. Verificò di persona gli appostamenti e si rese conto che quanto avevano fatto gli uomini del clan degli zingari corrispondeva alla perfezione. Terminate le verifiche pianificò l’eliminazione degli otto membri che componevano il vertice dell’organizzazione che controllava il traffico della droga. Fabrizio attribuì a ognuno degli otto obiettivi una sigla per riconoscerli. L’operazione denominata status quo stava per arrivare alla fase operativa vera e propria.
Le abitudini di tutti gli otto personaggi erano per Fabrizio come un libro aperto, la loro sicurezza non faceva altro che contribuire a renderli più deboli e vulnerabili; si muovevano tranquilli, ignari di quanto il fato avesse loro riservato. Per il dottor Fabrizio l’operazione andava sotto il codice giallo. Se quanto programmato fosse andato come previsto, le vittime non avrebbero avuto neppure il tempo di rendersi conto di quanto gli stava accadendo. La situazione era così ben congegnata che per i mafiosi era come se fossero seduti sopra a un barile di polvere pronto a esplodere.
Al soggetto che veniva ritenuto la mente dell’intera organizzazione, fu riservato il metodo libanese, che consisteva nell’imbottire il cofano di un’utilitaria con esplosivo del tipo T4 e farla saltare, attivando l’innesco a distanza tramite un radiocomando. Una tale procedura era stata più volte usata in Italia dal crimine organizzato. Il risultato era la disintegrazione dell’autovettura imbottita di T4, comprese le auto limitrofe. Una azione così efferata aveva lo scopo di infiacchire la parte avversaria, inducendola a sedersi al tavolo delle trattative senza tante pretese.
Al numero due, poiché era un assiduo frequentatore di un night club di Košice, fu riservata l’eliminazione con un bicchiere di Coca Cola con dentro una grande quantità di arsenico. Quel metodo, più volte collaudato, consisteva nel riversargli all’altezza dell’addome l’intero contenuto del bicchiere; il veleno assorbito dalla pelle sarebbe entrato in circolo nell’organismo, causando la morte del mal capitato.

Continua…

Foto: trapaniperilfuturo.org


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