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Costume e SocietàLetteratura

Uno spesso velo di malinconia

La tela del ragno

Di Francesco Cesare Strangio

L’uomo prima di prendere commiato, lasciò capire ad Aquilino che il programma era partito e che se Bobbo si fosse ostinato a tenere chiuse le porte della città avrebbe dovuto sapere che avrebbe leso interessi nazionali ed esteri. A quel punto fu chiaro quello che intendesse dire.
L’uomo lo salutò, uscì dall’ufficio e si avviò verso l’auto; una volta salito a bordo il motore fece sentire la sua voce guadagnando l’uscita. Poco dopo, nel piazzale calò il silenzio. Aquilino rifletté per tutta la giornata, prima di andare a trovare Bobbo. La cosa lo preoccupava, ancor di più perché i malavitosi si erano rivolti a lui. L’amicizia con Bobbo avrebbe potuto involontariamente mettere la sua vita a repentaglio. In cuor suo si augurò che la cosa non prendesse la piega sbagliata… in certi giochi ci sono ambizioni e interessi enormi. Dalle parole dette da quel malavitoso era chiaro che non si sarebbero fermati davanti a niente. La storia si era messa male: Serafino si trovava ingiustamente in prigione, e la storia d’interessi che vedeva coinvolto Bobbo lo spinsero ben oltre il suo modo di concepire il mondo: quella vicenda fece calare su di lui uno spesso velo di malinconia.
Gli zefiri sereni che di solito animavano i suoi pensieri furono turbati da folate di vento che soffiavano nel senso opposto al suo cammino, facendo sì che la sua anima si struggesse. A conseguenza di quei tempestosi pensieri, si ricordò della celebre frase di Giulio Cesare mentre attraversava il Rubicone in armi: «Alea iacta est.»
Per placare la sua ansia, disse a sé stesso: “Quello che è iscritto nell’ordinamento del tempo cosmico non lo potrà cambiare nessuno. Il divenire è lì, celato agli occhi degli uomini.”
Fu chiaro, per lui, che per quella Nazione era scattato il conto alla rovescia della manipolazione delle coscienze attraverso l’impiego della droga. Il cavallo di troia di quell’infinita campagna d’affare, erano i vizi racchiusi nel cuore degli uomini.
L’italiano aveva pensato di andare quella stessa sera a cena con Bobbo, stava elaborando come comunicargli quella triste esperienza fatta la mattina nel suo ufficio. I suoi ragionamenti furono interrotti dallo squillo del telefono: era sua moglie.
Dopo i vari convenevoli, confidò al marito che aveva il cuore nero, sentiva come se stesse per succedere qualcosa di brutto. Aveva sognato serpenti che giravano per casa, divorando ogni cosa come ferocissimi piranha. Lui la zittì, dicendole che sognava sempre delle fesserie dovute alla sua depressione. La rassicurò, garantendole che lì andava tutto alla perfezione. Si salutarono con un risentirci a tarda sera. Il sogno della moglie era un cattivo presagio, cosa che aumentò il suo stato d’angoscia.
L’orologio, quel giorno, scandiva il tempo con inconsueta lentezza.
La segretaria, rivolgendosi ad Aquilino, gli chiese cosa desiderasse ordinare per pranzo. Le rispose dicendo che non aveva per niente appetito. L’angoscia gli aveva chiuso lo stomaco fino a portarlo al punto di saltare il pasto.
Per la stanchezza appoggiò la testa sulla scrivania e cadde in un sonno profondo: i sogni furono turbati da quel personaggio dei servizi segreti dell’ex cortina di ferro.
Quella lotta impari, tra l’incubo e lui, fu interrotta dai ripetuti squilli del telefono, alla cui estremità c’era Bobbo che gli chiese cosa stesse facendo.
Disse di trovarsi in ufficio… e che, qualora non avesse avuto impegni, gli avrebbe fatto cosa gradita incontrarlo, poiché aveva urgente bisogno di parlargli di alcune cose. Aquilino preferì quella soluzione, lontano da occhi indiscreti, anche perché non si sentiva emotivamente di andare a cena quella sera per discutere di un argomento di una tale gravità. Tanto valeva togliersi subito il sassolino dalla scarpa.
Erano quasi le quattro del pomeriggio quando, dalla telecamera a circuito chiuso, vide l’auto di Bobbo davanti al cancello; gli aprì e, tempo un attimo, varcò la soglia dell’ufficio. Il volto dell’italiano non lasciava presagire nulla di buono. Bobbo gli chiese subito cosa fosse successo. Aquilino, prima di rispondere, riempì due bicchieri con del Jack Daniel’s, whiskey che Bobbo gradiva molto. Prima di iniziare a parlare fece scorrere la videoregistrazione di quella mattina. Nelle immagini comparve la macchina da cui scese Igor. Bobbo guardò attentamente tutte le immagini e poi riconobbe le persone come agenti dei servizi segreti.
Gli chiese cosa volevano e Aquilino gli spiegò tutto per filo e per segno. Bobbo gli confessò che aveva avuto dei contatti con alcuni malavitosi del luogo che stavano organizzando in Slovacchia la distribuzione della droga su larga scala.
Poi continuo dicendo: «Non capisco cosa c’entrino i servizi segreti.»
Continuò formulando una serie d’ipotesi alquanto preoccupanti. Il sangue dell’italiano sembrava volersi congelare nelle vene nel sentire quanto diceva Bobbo. In quell’occasione maledisse mille e una volta il momento in cui Serafino era rientrato in Italia.

Continua…

Foto: bitterwinter.org


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