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Costume e Società

La Magistratura in Grecia: l’agoghè

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri


Edil Merici

Di Giuseppe Pellegrino

Ad Atene i giovani venivano chiamati efebi e, dopo l’addestramento, venivano ritenuti abilitati all’agoghè.Con tale termine si indicava l’azione (citazione in giudizio) con la quale si iniziava un processo sia di iniziativa privata sia pubblica.È possibile che tali giovani venissero impegnati non solo nella simulazione del combattimento, ma anche in ragione di ordine pubblico su tutto il territorio della polis. Vi è letteratura che il termine stesse a indicare un regime di educazione basato sia sulla disciplina sia sull’obbedienza.
A Sparta, invece, alla età di sette anni, avveniva la separazione dei ragazzi dalla famiglia, che così apprendevano l’arte della caccia e della danza. Ciò a partire dal VII/VI secolo avanti Cristo. L’usanza riguardava tutti, anche la stirpe degli Agiadi e degli Europontidi, dalla quale poi venivano eletti i diarchi. Il termine viene tradotto con l’italiano conduzione, che stava a indicare, invero, la condotta degli uomini nella guida degli animali. Non diversamente dal termine Basileus, che stava a indicare colui che sta avanti, fosse il capo famiglia, fosse anche il pastore per le pecore.
A Micene il termine stava a indicare la chiamata in giudizio. Così anche ad Atene. Su Locri non vi è letteratura alcuna, ma al riguado non è ozioso ripetere che la civiltà giuridica micenea fu di tutti i Greci, e se dobbiamo ad Aristotele, o a chi ha ripulito la sua Politica, le notizie su Atene, dette possono essere travasate in tutta la Grecia, con l’attenzione di utilizzare gli accorgimenti che la legislazione locrese impone: leggi scritte e pene prestabilite. Anche in materia di contratti vi era una legislazione semplice ed efficace.
Dunque, sia a Sparta sia ad Atene, vi era una forza di giovani che poteva portare in giudizio chiunque. Non diversamente da Thasos, da parte degli èpistates. E, quindi, avevano anche la possibilità di portare in giudizio, o di invitare a presentarsi in giudizio (agoghè)chiunque commettesse un’infrazione o un reato. È bene ricordare che l’agoghè,ad Atene, era un mero atto stragiudiziale e non una citazione in giudizio.
L’istitituto di cui sopra è di origine micenea/dorica, come le leggi locresi. Aristotele, nella sua Costituzione ateniese, ne accenna e precisa che essa è regolata dalle leggi del suo tempo e, quindi, non molto antica; ma, soprattutto ne descrive l’origine che deriverebbe da una previsione di legge di Licurgo, poi richiamata ad Atene in seguito all’emanazione della cosiddetta legge di Epicrate, nella quale sono contenute più ampie previsioni per il potenzia-mento dell’esercito. Si è all’incirca nel IV secolo a.C. Gli Efebi, a Atene erano organizzati in dieci divisioni, una per tribù.
Sull’origine micenea, dunque, non vi sono dubbi. Micenee le leggi di Licurgo, micenee quelle locresi.
Seppure a Locri non vi sia letteratura, due considerazioni spingono per accreditare anche qui l’istituto: secondo la prima le leggi locresi sono quasi una trasposizione della legislazione micenea con l’adattamento alla realtà sociale nuova, ossia sulla considerazione dell’origine servile della popolazione locrese; per la seconda una forza di natura militare poliziesca vi doveva essere non solo per l’ordine pubblico, ma anche per far rispettare le leggi. Impensabili figure specifiche, magari anche remunerate. Il tipo di attività richiesta rientrava nella Liturgia,ossia negli obblighi dei politai di mantenere integra la società della polis. Non era ammissibile, per come recita il Proemio, che un cittadino oltraggiasse le leggi stabilite e permanenti, al punto che vi erano due previsioni, per come sarà chiarito nel capitolo sulle leggi di Zaleuco, che prevedevano sanzioni per chi tornasse da un lungo viaggio e chiedesse se nella città vi fossero novità: cosa questa equiparata a una rivolta. Ancora: chiunque volesse cambiare le leggi stabilite e permanenti doveva presentarsi alla damos con un cappio al collo e, se rigettata la riforma, poiché la proposta era equiparata a un atto di destabilizzazione, il proponente veniva impiccato, una volta che i Demoti avessero respinto la riforma.

Foto di saymedia.com


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