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Costume e SocietàLetteratura

La confisca facoltativa

Breve storia giuridica della confisca dei beni


GRF

Di Enzo Nobile e Francesco Donato Iacopino

L’articolo 240 del Codice Penale, al suo primo comma, prevede, in caso di condanna, l’apprensione pubblica delle cose che servirono a commettere il reato, di quelle utilizzate o destinate dal reo alla commissione, nonché di quelle che ne rappresentato il prodotto o il profitto.
Le cose servite per la commissione del reato sono da identificarsi, solamente, in quelle legate da un nesso strumentale al reato.
Detto nesso strumentale sussiste solo con quelle cose senza delle quali il reato non potrebbe realizzarsi nelle sue effettive e concrete modalità. Non sussiste, invece, in tutte le altre cose utilizzate nei diversi momenti attuativi della condotta criminale.
D’altronde la ratio di tale confisca, per come ha avuto modo più volte di precisare la giurisprudenza di legittimità, è quella di evitare che la permanenza della loro disponibilità in capo al reo possa favorire la commissione di ulteriori reati.
Si considerano quali cose destinate alla commissione del reato quegli strumenti predisposti dal reo per il conseguimento del suo scopo delittuoso ma, poi, non utilizzati durante l’effettiva esecuzione del reato (come ad esempio la predisposizione di una vettura per la fuga da parte del rapinatore che poi si allontana dal luogo del delitto a piedi).
In ordine a tale tipologia di beni la confisca opera solamente quando il nesso strumentale tra cosa e reato è talmente intenso da rivelare la concreta probabilità che, se lasciato nella disponibilità del reo, porterebbe quest’ultimo a commettere nuovi reati. Ad esempio, la Corte di Cassazione, in un’occasione, ha riscontrato la mera occasionalità dell’utilizzo di un furgone per un furto di materiali in un cantiere edile.
Si intende, invece, come prodotto del reato, il vantaggio economico che il reo ottiene direttamente o indirettamente dalla sua commissione, ossia quelle cose create, acquisite o trasformate, grazie al reato, fatta eccezione, però, per quelle di cui il soggetto ha la disponibilità per interposta persona (Cassazione Penale, Sezione V, Sentenza nº 27.675 del 24/10/2013).
Da ultimo, per profitto del reato s’intende ogni vantaggio economico proveniente dalla commissione del reato, anche quello indiretto come nel caso del reimpiego del ricavato.
Al riguardo, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, nell’anno 2008, al fine di limitare l’eccessiva dilatazione del concetto di profitto del reato, quindi dei beni confiscabili al reo, ha precisato che il vantaggio economico deve trovarsi in un rapporto di diretta derivazione causale dal reato, con esclusione di ogni vantaggio indiretto e mediato derivato dalla commissione del reato.
Dunque, il profitto del reato è confiscabile solamente quando sussistono elementi indiziari idonei a provare che i beni da confiscare rappresentano, in tutto o in parte, l’immediato risultato di una condotta criminale o anche l’indiretto profitto derivante dal reimpiego di denaro o altra utilità, conseguiti  direttamente col reato.

Foto: dirittoconsenso.it


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