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Costume e SocietàLetteratura

I Veggenti dell’Ovest

Le cronache di Atlantidea XVI


Edil Merici

Di Luisa Totino

I componenti della Confraternita non poterono fare nulla per Talòs, la terra lo inghiottì davanti ai loro occhi.
Aldàrin, preso dalla disperazione, buttò a terrà il suo bastone, sguainò la spada e si avventò contro l’orrendo groviglio di rami con tutta la forza che poteva avere: «Talòs! Talòs, ti salveremo. Te lo giuro amico!»
Poi, nel pianto e nella disperazione, si rivolse allo stregone Feridal, che guardava impassibile la scena dietro la barriera di rami: «Sei un vigliacco Feridal! Ti sei venduto a Gòrgos! Ma un giorno, non molto lontano, ti incontrerò di nuovo e io sarò l’ultima cosa che vedrai!»
Mattia, allora, si avvicinò ad Aldàrin cercando di trascinarlo via: «Aldàrin, ora basta! Dobbiamo pensare a Vera. Torniamo da lei e continuiamo il viaggio verso Ovest, come avrebbe voluto Talòs!»
Aldàrin cadde a terra tra le lacrime, poi respirò profondamente, si ricompose il volto ancora turbato, si rialzò, ripose la spada, riprese il suo bastone, stringendolo bene, forse per attingere coraggio, e si rivolse agli altri: «Talòs non è più con noi, ma abbiamo il dovere di continuare come se lui fosse ancora qui a guidarci. Porteremo a termine la missione a Ovest e poi andremo a liberarlo!»
Tornarono indietro, dove Aldàrin aveva lasciato Vera, ma non la trovarono. Mattia, preoccupato, iniziò a cercare nei dintorni e a chiamarla: «Vera! Vera! Dove sei?»
Di lei nessuna traccia. Uno dei Florian, però, si avvicinò all’orecchio di Aldàrin, per sussurrargli qualcosa.
Poi disse a Mattia: «Lascia perdere, ragazzo. Il Florian ha visto come sono andate le cose. Non ce ne siamo accorti, ma Andronòs non è più qui con noi. Approfittando del tafferuglio e della nebbia è tornato da Vera. Hanno parlato tra loro, riguardo ai Veggenti, poi Vera ha tirato fuori una boccetta luminosissima, ha preso il guidometro che le avevo lasciato io, in caso non fossimo tornati e, dopo aver capito come utilizzarlo, d’improvviso sono scomparsi nel nulla.»
E Mattia: «E ora che facciamo, Aldàrin? La promessa che hai fatto a Talòs è sfumata.»
Pensieroso e crucciato, facendosi forza col suo bastone, Aldàrin disse ai presenti: «Non è una decisione facile, amici miei. Siamo ad una svolta del nostro viaggio. Vera sarà oramai giunta presso i Veggenti dell’Ovest. Cercare di raggiungerla sarebbe uno spreco di tempo e di energie. Talòs, ora, è colui che ha più bisogno di noi. La guerra è alle porte e non possiamo permetterci di perdere il più valoroso dei generali di Atlantidea. Andremo a liberare Talòs dalle grinfie di Gòrgos e poi penseremo a Vera e ad Andronòs.»
Mattia, molto contrariato all’udire quelle parole, esclamò: «Vera potrebbe cadere in mano a Gòrgos e venire uccisa, mentre cerchiamo di salvare Talòs!»
Aldàrin, furioso, si rivolse a Mattia: «Vera non morirà! Lei è la prescelta, zuccone! Tu non sai niente di lei! E poi è in ottima compagnia, Andronòs è il miglior soldato dell’esercito della Fratellanza che io conosca, la proteggerà, a costo della sua stessa vita!»
E Mattia: «È solo che sono preoccupato per lei, siamo amici da molto tempo e la conosco molto meglio di Andronòs. E poi cosa dovrei sapere su di lei?»
«Tutto a suo tempo, ragazzo! Tutto a suo tempo» disse Aldàrin, abbozzando un sorriso.
Poi si rivolse al resto della Confraternita. «Allora, signori, come intendiamo liberare Talòs? Qualcuno ha un piano?»
Uno dei Terrestri disse: «Sicuramente è stato trascinato attraverso le Gole di Golthan. Sono gallerie infernali, infestate dai Lumnòs, draghi – serpente carnivori. Noi terrestri siamo riusciti a domarli utilizzando le Bacche dell’Inganno.»
Il dio Terrestre, allora, tirò fuori un sacchetto da cui estrasse delle piccole bacche di colore rossastro.
Aldàrin al vederle disse: «Sembrano piccole palline di carne cruda.»
E il Terrestre continuò: «Abbiamo scoperto queste bacche per caso, molte ere fa, nella Grotta del Discernimento, poi divenuta il luogo privilegiato per le nostre assemblee. Un’oasi sotterranea, dove scorre il Ruscello Remoto, Bantid Bolùm, nella nostra lingua. Sulle sue sponde cresce spontanea una pianta bassa che produce queste bacche. Un giorno, durante un’assemblea irruppero i Lumnòs, cercammo di difenderci ma, nonostante i nostri poteri divini, tanti di noi caddero, fino a quando uno dei Lumnòs si accorse delle bacche e le assaggiò. Subito richiamò gli altri della sua specie, si saziarono e così sparirono nelle gallerie. Da quel giorno, portiamo sempre con noi le Bacche dell’Inganno, in caso di incontri indesiderati.»
Aldàrin, al termine del racconto disse: «Bene, amici Terrestri, bel racconto, ma Talòs come avrà eluso i Lumnòs, senza le Bacche?»
E il Terrestre: «Le radici che hanno trascinato via Talòs sono avvelenate nello strato esterno. Se i Lumnòs provassero ad assaggiarle rimarrebbero certamente stecchiti.»
Aldàrin, allora, disse ai Terrestri: «Mettiamoci in marcia, farete voi da guida nei meandri sotto Atlantidea, del resto è il vostro Regno.»
Mattia, intanto, pensava a Vera e a dove poteva essere in quel momento.
Vera e Andronòs, usando il guidometro, avevano attraversato parecchio territorio senza rendersene conto. Erano giunti sul ciglio di un burrone, in un luogo strano e suggestivo. Entrambi si sentivano come sospesi oltre il tempo, libero dal suo scorrere perpetuo. Ogni loro pensiero negativo scomparve, il loro spirito era alleggerito e sereno.
Andronòs disse a Vera: «Incredibile, siamo Valle della Beatitudine, Palankrir nella lingua locale. Ho sempre pensato fosse solo una leggenda, ma esiste veramente!»
E Vera: «È stupenda questa Valle, è il posto più bello di tutta Atlantidea» e aveva ragione.
Dall’altra parte del burrone una serie di abitazioni incastonate nella montagna, come uno scrigno prezioso. Diverse cascate fuoriuscivano dalle pareti rocciose e rendevano rigoglioso di flora l’ambiente.
Vera disse: «À qui che troveremo i Veggenti?»
E Andronòs rispose: «Da quello che ho sentito nelle storie il Consiglio dei Veggenti dovrebbe trovarsi proprio qui. Dicono che sentano l’arrivo di qualcuno molto prima che questi si faccia vedere.»
«Tipico di chi prevede le cose. L’importante e che decifrino la pergamena di mia nonna, per questo siamo qui» rispose Vera.
Mentre dicevano queste cose, sentirono un rumore alle loro spalle. Non fecero in tempo a voltarsi che furono accerchiati da persone a cavallo.
Andronòs cercò di tenere tranquillo il Dasculòs, mentre, dopo qualche giro, i cavalieri si fermarono e colui che sembrava il loro capo scese da cavallo, si tolse l’elmo e rivolgendosi a Vera disse: «Finalmente, Vera Kalendra. I Veggenti ti attendono, ti scorteremo noi. Puoi seguirci anche tu, Andronòs di Altinium.»
Tutti risalirono sulle loro cavalcature, anche Vera e Andronòs. I misteriosi cavalieri si misero in parte davanti ai due ragazzi e in parte dietro. Il capo dei cavalieri allungò la sua lancia verso il vuoto del precipizio che separava dalle abitazioni. All’improvviso, nel vuoto, comparve un ponte di corda e legno e lo attraversarono. Giunti a destinazione percorsero un tratto di strada, fatta di roccia, sotto la quale passava un fiumiciattolo limpidissimo.
Arrivati in uno spiazzo, ai piedi di una sinuosa scalinata, il capo dei cavalieri scese da cavallo e disse ai ragazzi: «Attendete qui, vado ad annunciare il vostro arrivo ai Veggenti.»
Ma mentre si accingeva a salire la scalinata, in cima, comparve una figura altera, dai capelli molto lunghi e bianchi, l’aspetto maturo e saggio, di chi aveva vissuto molto… troppo, e una lunga tunica verde che disse: «Sapevamo dell’arrivo di Vera.»
Subito il capo dei cavalieri s’inginocchiò in segno di rispetto: «Grande Argonat.»
Argonat guardò Vera più intensamente, tanto che la sua voce iniziò a entrare nella mente della ragazza: «Vera Kalendra ti attende una grande prova, non potrai sconfiggere il male che ci sta assediando se non vinci l’oscurità dentro di te!»
«E tu, Andronòs di Altinium, sei il custode della forza più grande di questo mondo e dell’altro. Alla fine tuo padre capirà.»
I due ragazzi si guardarono spaventati, ognuno di loro aveva sentito dentro la testa la voce di Argonat con parole arcane, che per loro ancora non avevano alcun senso.
Argonat disse: «Venite, gli altri Veggenti vogliono vedervi.»
Salirono le lunghe scale a spirale fino a una grande sala sotto un porticato, da cui si poteva ammirare un panorama meraviglioso. Il sole stava tramontando e Vera e Andronòs si ritrovarono al centro di una cerchia di Dodici Veggenti. Erano emozionati e timorosi, ma il loro disagio venne smorzato da una voce femminile: «Vera! Vera Kalendra!»
Una donna dal fisico esile e slanciato si avvicinò a loro. I suoi capelli erano fluenti e neri, i suoi occhi profondi, la sua voce armoniosa, quasi musicale, i lineamenti molto delicati, quasi eterei.
«Ti ricordi di me Vera? Hai sentito la mia voce nel Libro dei Remoti, ad Altinium»
E Vera: «Sì, ricordo la tua voce, sei l’oracolo della mia predizione!»
Argonat, allora, intervenne: «Elis, figlia mia, non siamo qui per fare convenevoli, ma per decifrare la pergamena di Lena Meticena, ricordalo!»
Ed Elis: «Aven paderan, dolen ketish durean Vera! (Scusa padre, ma dovremmo dire la verità a Vera!)»
Argonat, alterato con la figlia, rispose: «Noi Veggenti abbiamo solo il compito di portare la persona a percepire il suo futuro, attraverso simbologie arcane. Non spetta a noi rivelare quello che non dobbiamo!»
«Abbiamo il dovere di salvare questo mondo e il Metaverso, padre, o quelli come noi scompariranno e i superstiti tra noi finiranno nella Foresta dell’Oblio… per sempre!»
Argonat rimase, per qualche istante, crucciato, poi disse: «Vera, tira fuori la pergamena di tua nonna.»
Vera prese la pergamena e la srotolò davanti ai Veggenti…

Continua…


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