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Nicola Irto riuscirà a salvare il PD calabrese dall’estinzione?

Pensieri, parole, opere… e opinioni

Nel marasma generale degli ultimi giorni, causato da lutti improvvisi, terremoti, rigurgiti di orgoglio campanilistico e proiettili vaganti, oltre che ovviamente dagli onnipresenti aggiornamenti relativi alla pandemia, è passato colpevolmente sotto silenzio il rinnovo del direttivo regionale del Partito Democratico calabrese, uscito dal tunnel di un commissariamento che ne ingabbiava la linea d’azione dall’ormai lontano 2019.
«Il commissariamento serve a mettere ordine» disse l’allora presidente del PD Matteo Orfini, temendo che i consensi in caduta libera del Presidente della Regione Mario Oliverio (per la verità in parte condizionati proprio dal suo stesso partito) potessero determinare una vera e propria debacle alle imminenti elezioni regionali che si sarebbero poi svolte durante l’ultimo terzo del gennaio 2020.
Che il PD calabrese fosse una patata fin troppo bollente da maneggiare lo dimostrò il gran rifiuto di Stefano Esposito, ex parlamentare dem che declinò l’invito di Orfini spalancando le porte all’arrivo del più smaliziato Stefano Graziano, approdato invece in Calabria con il piglio del Sergente maggiore Hartman. La linea dura del commissario, tuttavia, non solo non ha prodotto alcuno dei cambiamenti sperati, ma ha addirittura trasformato in una vera e propria valanga di problemi quelle prime, timide palle di neve che candidamente stavano saltellando verso valle, indubbiamente complice anche lo stato di salute del partito a livello nazionale e fattori ambientali non trascurabili come una certa variante dell’influenza che ha indotto il Paese alla paralisi.
Resta il fatto, ancorando lo sguardo alla realtà regionale, che questo periodo di grandi difficoltà, vissuto alla stessa maniera da tutti i partiti, è stato causa di maggiori difficoltà per i dem, costretti a subire una migrazione di massa e a osservare con una certa impotenza un ulteriore calo nei consensi che ha fatto davvero temere il peggio in vista delle elezioni straordinarie indette in seguito alla prematura scomparsa di Jole Santelli. Un’occasione di riscatto, in parole povere, si è tramutata in un tentativo disperato di limitare i danni tuttavia minato (non smetteremo mai di ribadirlo) da incomprensibili scelte imposte dall’alto, che una volta di più hanno dimostrato come, a Roma, la sezione calabrese del PD sia considerata come l’inutile sesto dito di una mano affetta da polidattilia.
Il PD, in Calabria, ha proceduto fino ad oggi per inerzia, fatto sentire la propria voce solo se direttamente interpellato, ha lasciato un vuoto che la linea populista di alcuni partiti di centro e di destra è riuscita a colmare con una velocità e un’efficacia stupefacenti, divenendo il punto di riferimento ultimo di un gruppo sempre più sparuto di inguaribili romantici. L’incapacità di comprendere al volo le esigenze dei cittadini, i bisogni delle famiglie e le necessità dei lavoratori più volte palesata negli ultimi anni hanno convinto persino i sindacati ad andare a bussare a porte oltre le quali in passato difficilmente si sarebbe potuto provare a intavolare un dialogo, mentre tra la società civile serpeggiava sempre più l’impressione che i suoi esponenti fossero lì solo per fare numero.
Qualcuno ha provato ad alzare la testa, sia chiaro, ma nessun tentativo è stato convincente o determinante, tanto più che anche le istanze provenienti dal basso (una su tutte, quella dei giovani calabresi che invocavano un Nicola Irto candidato a presidente della Regione) si sono infrante contro la cecità capitolina. Anche la recente nomina di Irto a Segretario Regionale, alla fine, è apparsa una scelta obbligata, considerata l’ormai totale assenza di personalità di spicco e dalla conclamata esperienza politica in seno alla sezione regionale del partito. Ciò premesso, ritengo comunque che, se c’è una persona in grado di riunire le intellighenzie in grado di rigenerare (come è stato affermato) il partito, questa sia proprio Nicola Irto, chiamato adesso a un compito tutt’altro che facile e in cui le probabilità di successo sono drasticamente più basse rispetto a quelle di fallimento.
L’augurio sincero è che questa missione impossibile possa riuscire e che il PD torni a rivestire il ruolo che gli compete per il bene di un territorio che deve tornare a godere di un sano confronto politico bipartisan. Perché, come mi diceva sempre qualcuno, «solo il confronto costruttivo con gli altri che ci permette di migliorare.»

Foto: gazzettadelsud.it

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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